Amira Haas
28 agosto 2025 Haaretz
Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, che includono solo gli attacchi che hanno provocato morti, feriti o danni alle proprietà, nel 2025 sono stati finora uccisi 11 palestinesi e 696 sono rimasti feriti. I dati indicano una continua tendenza al rialzo nel numero di incidenti violenti da parte di israeliani in Cisgiordania
Nei primi otto mesi di quest’anno le Nazioni Unite hanno registrato oltre 1.000 aggressioni perpetrate da civili israeliani contro palestinesi e le loro proprietà in decine di località in Cisgiordania. Undici palestinesi sono stati uccisi durante questi attacchi mentre cercavano di proteggere le loro case, i greggi di pecore o campi e boschi contro gli aggressori militari e civili. Altri 696 sono rimasti feriti.
Queste cifre attestano la crescente tendenza alla violenza esercitata dai civili israeliani contro i palestinesi dal 2021, anno in cui sono stati documentati 532 casi di questo tipo. Nel 2024 si sono verificati 1.449 simili episodi di violenza, in cui soldati e civili israeliani hanno ucciso 11 palestinesi e ne hanno feriti altri 486.
Tutti questi attacchi sono stati e sono perpetrati in aree sotto la piena responsabilità delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), ovvero nelle aree B e C (una definizione che ha diviso arbitrariamente il controllo in Cisgiordania tra le Forze di Difesa Israeliane e l’Autorità Nazionale Palestinese, una divisione che avrebbe dovuto terminare nel 1999). Secondo il diritto internazionale questo significa che l’esercito deve proteggere le popolazioni locali, le loro vite, i loro mezzi di sussistenza e le proprietà.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (UNHCR), che documenta questi attacchi, non include nei suoi rapporti bisettimanali gli attacchi che non si concludono con morti, feriti o danni alle proprietà.
Il dipartimento per gli affari negoziali dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che documenta tutti gli incidenti legati al controllo israeliano in Cisgiordania (da uccisioni e ferimenti a incursioni, detenzioni, espropriazioni di terreni ed erezione di posti di blocco permanenti o mobili), include nei suoi rapporti anche gli attacchi dei coloni che non si concludano con feriti, e tali attacchi si verificano quotidianamente.
Tra questi rientrano le incursioni [nelle proprietà palestinesi, n.d.t.], le minacce con armi e cani, il blocco delle strade, l’intimidazione dei pastori e il disturbo delle loro greggi, l’impedimento dell’accesso agli uliveti, il bagno – spesso con l’accompagnamento dell’esercito – nelle sorgenti dei villaggi e le molestie agli abitanti.
I dati pubblicati da questo dipartimento indicano anche un netto aumento: a luglio 2021 erano stati registrati 51 attacchi e episodi di molestie di varia intensità da parte di cittadini israeliani mentre a luglio di quest’anno ne sono stati registrati 369. A titolo di confronto, nel luglio di quest’anno l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari ha segnalato 163 attacchi.
Il più grave di questi ultimi attacchi si è concluso con l’uccisione di Awdah Hathaleen del villaggio di Umm al-Kheir. Il presunto assassino è Yinon Levi, un colono di uno degli avamposti della zona. Secondo quanto riportato da palestinesi e organizzazioni israeliane per i diritti umani due giorni fa i coloni hanno allestito roulotte proprio accanto alle case del villaggio, a pochi metri dal luogo in cui si trovava Levi quando ha iniziato a sparare con la sua pistola.
Anche ad agosto si sono verificati decine di attacchi. Solo tra il 12 e il 18 agosto le Nazioni Unite hanno documentato 29 attacchi in 23 comunità della Cisgiordania da parte di civili israeliani contro palestinesi conclusasi con lesioni personali o danni alle proprietà. Undici persone sono rimaste ferite in questi attacchi, nove delle quali da parte dei coloni e due da parte di soldati. Tra i feriti ci sono un uomo anziano, un bambino e tre donne. La documentazione mostra che sono stati danneggiati anche 700 alberi.
I danni agli ulivi e alle aree agricole sono uno degli aspetti più odiosi di tali attacchi. Secondo le prove accumulate nel corso degli anni e documentate da Haaretz in numerose occasioni, i metodi sono vari: includono incendi, tagli, sradicamenti, segatura di rami e, durante la stagione della raccolta delle olive, furto del raccolto. Il danno arrecato pregiudica i ricavi previsti da queste colture. Ogni albero abbattuto o sradicato vanifica anni di lavoro, insieme agli investimenti nelle risorse utilizzate per la loro cura, tra cui acqua e insetticidi.
Gli agricoltori palestinesi sentono una vicinanza emotiva e personale in particolare con i loro ulivi, poiché questi rappresentano la continuità delle generazioni e del loro modo di vivere. Gli alberi sono sia un bene familiare che si trasmette per eredità, sia un simbolo nazionale che attesta l’esistenza di un popolo e il suo legame con la terra. Danneggiare questi alberi non è percepito come vandalismo fine a se stesso, ma come un deliberato intento di cancellare i legami familiari e nazionali delle persone che li possiedono e li coltivano.
Così, quando la scorsa settimana, su ordine del comandante del Comando Centrale delle IDF maggior generale Avi Bluth l’esercito ha sradicato migliaia di ulivi con frutti quasi maturi nel villaggio di al-Mughayyir, lo shock e l’orrore sono stati immensi. Lo sradicamento di massa in pieno giorno è riuscito a fare in due o tre giorni ciò che i civili israeliani “riescono” a fare di nascosto in molti attacchi. Bluth ha presentato questo massiccio sradicamento come la risposta a una sparatoria in cui era rimasto ferito un civile israeliano nei pressi dell’avamposto di Adei Ad; il presunto attentatore proveniva da quel villaggio.
Solo ad al-Mughayyir ci sono stati da gennaio 2023 83 attacchi da parte di civili israeliani. Tra questi l’incendio di auto e case e danni agli alberi. Due abitanti del villaggio che stavano proteggendo le loro case e i loro alberi sono stati uccisi dai soldati nell’aprile 2024 e a metà agosto di quest’anno. Quasi la metà degli attacchi, 39, è stata perpetrata da gennaio di quest’anno. Il numero più alto, 11, si è registrato a maggio.
Secondo B’Tselem almeno 40 comunità di pastori palestinesi hanno dovuto abbandonare le loro residenze negli ultimi tre anni a causa dell’aumento degli attacchi. In molti villaggi si segnala la presenza di israeliani armati che impediscono agli abitanti di raggiungere i loro appezzamenti di terra. I palestinesi affermano che gli aggressori provengono solitamente da avamposti di pastori, che si sono moltiplicati notevolmente negli ultimi anni sia che vi risiedano, che siano in visita o vi lavorino per curare le greggi.
Gli abitanti di questi avamposti si vantano di controllare vaste aree di terreni agricoli e pascoli. Così, ad esempio, in un video pubblicato sui social media questa settimana allo scopo di raccogliere donazioni per questi avamposti, la persona che ha fondato un avamposto a est di al-Mughayyir, Eliav Libi, racconta al rabbino Shmuel Eliyahu che 12 avamposti agricoli ora controllano 90.000 dunam (22.240 acri) tra la catena montuosa centrale e la valle del Giordano.
In un gruppo WhatsApp di sostenitori degli avamposti si possono trovare messaggi come: “Gli arabi riferiscono che degli ebrei festanti hanno incendiato due veicoli nel villaggio di Abu Falah, vicino all’insediamento di Shilo”, oppure “Arabi piagnoni riferiscono che ebrei felici hanno incendiato diversi veicoli nel villaggio di Silwad, vicino all’insediamento di Ofra”. Entrambi sono apparsi il 31 luglio.
Anche i palestinesi hanno gruppi WhatsApp pensati per segnalare in tempo reale attacchi e molestie da parte dei coloni. Lo scorso lunedì mattina uno di questi gruppi ha riferito che un anziano contadino di Halhul è stato picchiato duramente dagli israeliani, che da un mese impediscono alle famiglie di accedere ai loro vigneti. Più tardi nello stesso giorno è stata segnalata la presenza di pastori israeliani con le loro pecore nei vigneti e negli uliveti nei villaggi di Asira al-Qibliya (a sud-ovest di Nablus) e di Atara, a nord di Ramallah.
Quella sera sono stati pubblicati video di due fuoristrada e di un gregge di pecore che invadevano il territorio della comunità di pastori palestinesi di al-Tiran, a sud di Dahariya. Nel 2024 i residenti della vicina Khirbet Zanuta sono stati costretti ad abbandonare le loro case con i loro greggi a causa di molestie simili, sempre più frequenti.
Al portavoce delle IDF è stato chiesto se queste statistiche indichino il fallimento dell’esercito e di commentare la conclusione che gli attacchi sono coerenti con la politica israeliana di accaparrarsi quanta più terra palestinese possibile.
In risposta, il portavoce ha dichiarato: “Le forze delle IDF, l’Amministrazione Civile e la Polizia Israeliana stanno lavorando per prevenire la violenza e mantenere l’ordine pubblico nel settore di Giudea e Samaria. Le IDF prendono molto seriamente, rifiutano e condannano qualsiasi comportamento illegale e agiscono con risolutezza in conformità con gli ordini e i valori delle IDF.
“Le IDF stanno adottando le misure a loro disposizione, inclusi arresti e ordini di espulsione. La missione delle IDF è quella di mantenere la sicurezza di tutti i residenti della regione e di lavorare per prevenire il terrorismo e le attività che mettono in pericolo i cittadini dello Stato di Israele, e questa violenza distoglie l’attenzione delle forze di sicurezza dalla loro missione.”
(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)