Guerra Israele-Palestina: Israele vuole impossessarsi del giacimento multimiliardario di gas di Gaza

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Seyed Hossein Mousavian

15 November 2023 Middle East Eye

Il conflitto ha di fatto congelato il piano per rilanciare un progetto di gas naturale da 1,4 miliardi di dollari che avrebbe potuto essere vantaggioso per Israele e i palestinesi.

Israele ha risposto con ferocia all’attacco dei combattenti palestinesi del 7 ottobre che aveva ucciso circa 1.200 persone e portato alla cattura di centinaia di ostaggi detenuti a Gaza.

In un mese di incessanti attacchi aerei ha finora sganciato su Gaza più di 18.000 tonnellate di bombe, uccidendo oltre 11.000 palestinesi – per lo più donne, bambini e anziani.

Un alto funzionario delle Nazioni Unite a New York ha recentemente rassegnato le dimissioni definendo gli eventi di Gaza un “caso da manuale di genocidio” di cui i governi occidentali sono “totalmente complici”. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che il suo Paese non si ritirerà finché Hamas non sarà eliminato.

Mentre il terribile attacco entra nella sua sesta settimana, la questione delle risorse energetiche potrebbe aggiungere alla guerra in corso un ulteriore livello di complessità.

Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), al largo della Striscia di Gaza e altrove sotto la Cisgiordania occupata sono stati trovati importanti giacimenti di petrolio e gas naturale.

“I Territori Palestinesi Occupati si trovano sopra considerevoli riserve di petrolio e gas naturale, nell’Area C della Cisgiordania occupata e sulla costa mediterranea al largo della Striscia di Gaza. Tuttavia, l’occupazione continua a impedire ai palestinesi di sfruttare i propri giacimenti energetici in modo da estrarre e trarne vantaggio “, afferma lo studio condotto dall’UNCTAD nel 2019.

In questo contesto la questione della sovranità sui giacimenti di gas di Gaza è vitale per Israele.

L’Accordo di Oslo II firmato nel 1995 conferiva all’Autorità Palestinese (AP) la giurisdizione marittima sulle sue acque fino a 20 miglia nautiche dalla costa e pertanto l’Autorità Palestinese ha firmato un contratto di 25 anni per la ricerca del gas con il British Gas Group (BGG) nel novembre 1999.

Nel 2000 due pozzi trivellati dalla British Gas al largo della costa di Gaza hanno rivelato riserve di gas stimate in circa 40 miliardi di m3. Il 60% di queste riserve appartiene ai palestinesi.

Nel luglio 2000 il primo ministro israeliano ha concesso alla BGG l’autorizzazione di sicurezza per perforare il primo pozzo, Marine 1, come parte del riconoscimento politico da parte di Israele che il pozzo sia sotto la giurisdizione dell’Autorità Palestinese.

Opportunità di collaborare

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 l’Europa ha cercato di assicurarsi forniture energetiche alternative alle russe e ha rilanciato un’iniziativa palestinese per estrarre gas naturale al largo delle coste di Gaza. Si sperava che il progetto da 1,4 miliardi di dollari – che coinvolge l’Autorità Palestinese, l’Egitto, Israele e Hamas – potesse avviare la produzione di gas entro marzo 2024.

Un progetto del genere avrebbe potuto gettare le basi per una collaborazione tra palestinesi e Israele vantaggiosa per tutti.

Ma con il drammatico intensificarsi del conflitto israelo-palestinese nelle ultime settimane il progetto non sembra più essere all’orizzonte, congelato per il prossimo futuro.

Invece il 29 ottobre, mentre la guerra continuava senza alcun cessate il fuoco in programma, il governo Netanyahu ha concesso 12 licenze a sei società tra cui BP e l’italiana ENI per la ricerca di gas naturale al largo dell’area nel bacino sul Mediterraneo.

Le nuove risorse di petrolio e gas naturale scoperte nel Mediterraneo orientale hanno il sorprendente valore di 524 miliardi di dollari. Tuttavia, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, una parte significativa di tali beni dovrebbe provenire dai territori occupati della Palestina.

Inoltre, durante il vertice del G20 a Nuova Delhi lo scorso settembre, gli Stati Uniti e l’UE hanno annunciato il loro sostegno a un piano per costruire un corridoio economico che colleghi l’India con il Medio Oriente e l’Europa – un imponente progetto per contrastare l’iniziativa cinese Belt and Road.

Netanyahu lo ha descritto come “il più grande progetto di cooperazione della nostra storia”, aggiungendo: “Il nostro Paese, Israele, sarà un nodo centrale in questo corridoio economico; le nostre ferrovie e i nostri porti apriranno una nuova porta dall’India attraverso il Medio Oriente verso l’Europa e ritorno”.

Il piano di Israele è quello di diventare un importante esportatore di gas e anche di petrolio. Negli ultimi 20 anni, il paese si è trasformato da importatore netto di combustibili fossili a esportatore di gas naturale.

La dichiarazione di guerra di Netanyahu a Gaza nell’ottobre 2023 è la continuazione della precedente invasione israeliana di Gaza nel 2014, quando furono uccisi almeno 2.104 palestinesi di cui 1.462 civili. L’obiettivo militare soggiacente all’occupazione di Gaza è l’espulsione dei palestinesi dalla loro patria.

Il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha affermato che il piano è quello di “eliminare tutto” e un altro ministro, Gideon Sa’ar, ha affermato che Gaza “alla fine della guerra dovrà deve essere più piccola”. Inoltre, un “concept paper” del governo israeliano proponeva di trasferire i 2,3 milioni di abitanti della Striscia di Gaza nella penisola egiziana del Sinai.

Tuttavia, l’obiettivo finale non è solo demolire Hamas e/o escludere i palestinesi dalla loro patria, ma confiscare le risorse multimiliardarie di gas di Gaza.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Seyed Hossein Mousavian è Esperto in Sicurezza Mediorientale e Politica Nucleare presso l’Università di Princeton ed ex Capo del Comitato per le Relazioni Estere della Sicurezza Nazionale iraniana. I suoi libri: Iran and the United States: An Insider’s view on the Failed Past and the Road to Peace (Iran e Stati Uniti: il punto di vista di un insider sul passato fallito e sulla strada verso la pace) è stato pubblicato nel maggio 2014 da Bloomsbury, A Middle East Free of Weapons of Mass Destruction (Un Medio Oriente libero dalle armi di distruzione di massa) è stato pubblicato nel maggio 2020 da Routledge. Il suo ultimo libro, A New Structure for Security, Peace, and Cooperation in the Persian Gulf (Una nuova struttura per la sicurezza, la pace e la cooperazione nel Golfo Persico) è uscito nel dicembre 2020 da Rowman & Littlefield Publishers.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)