Sempre più sionisti stanno infine ammettendo l’apartheid israeliano, ma poi cosa succede?

11 agosto 2023: Palestinesi e soldati si confrontono per l'insediamento di un avamposto nei pressi di Nablus. Foto: MOHAMMED NASSER/APA IMAGES)
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Jonathan Ofir

14 agosto 2023 – Mondoweiss

Il generale israeliano in pensione Amiram Levin e il giornalista sudafricano Benjamin Pogrund sono gli ultimi a intervenire sull’apartheid israeliano. Adesso sorge la domanda: che cosa intendono fare in proposito?

Ora che vi è consenso all’interno della comunità dei diritti umani sul fatto che Israele sia uno Stato di apartheid, molti incominciano ad ammetterlo, persino alcuni insigni israeliani e apologeti di Israele. Ma anche se affermano ciò che è evidente, cercano comunque di limitare il danno e al tempo stesso di celare la propria personale responsabilità e provare a circoscrivere i possibili rimedi.

E’ cominciato forse all’inizio di quest’anno, quando lo storico giornalista israeliano di centro Ron Ben Yishai ha messo in guardia dall’incombente apartheid come il principale obbiettivo delle riforme giudiziarie dell’attuale governo. Ora il generale israeliano in pensione Amiram Levin ha rilasciato un’intervista alla radio Kan in Israele in cui ha fatto riferimento al “totale apartheid” nella Cisgiordania occupata:

Da 56 anni non vi è democrazia. Vige un totale apartheid. L’IDF (esercito israeliano), che è costretto a gestire il potere in quei luoghi, è in disfacimento dall’interno. Osserva dal di fuori, sta a guardare i coloni teppisti e sta iniziando a diventare complice dei crimini di guerra.”

In Israele Levin è considerato un liberale ed ha un passato scandalosamente razzista. In passato ha minacciato di “fare a pezzi i palestinesi” e “cacciarli in Giordania”, ha detto che “i palestinesi hanno meritato l’occupazione” e che nella maggioranza i palestinesi sono “nati per morire comunque, noi semplicemente li aiutiamo a farlo”. Eppure sì, egli vede un “totale apartheid”.

L’intervista viene sulla scia di una recente lettera agli ebrei americani che li rimprovera di ignorare l’apartheid, l’“elefante nella stanza”. Molti accademici e personaggi pubblici israeliani hanno firmato questa lettera che al momento ha ottenuto più di 1500 firme. Tra i firmatari vi sono anche convinti sionisti come Benny Morris. La lettera contiene suggerimenti di azione, compresa una richiesta al governo USA di sanzionare Israele:

Si chiede che i leader eletti negli Stati Uniti agevolino la fine dell’occupazione, impediscano che gli aiuti militari americani vengano usati nei Territori Palestinesi Occupati e mettano fine all’impunità israeliana alle Nazioni Unite e in altre organizzazioni internazionali.”

Un chiaro appello all’azione che, volutamente o no, riecheggia gli appelli che gli attivisti del BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) lanciano da quasi 20 anni. Ma non tutti approvano che il BDS si rafforzi come naturale risposta a questo apartheid.

La settimana scorsa Benjamin Pogrund, che è stato giornalista nel Sudafrica dell’apartheid, ha scritto un articolo su Haaretz intitolato “Per decenni ho difeso Israele dalle accuse di apartheid. Non posso più farlo.” Pogrund spiega di essere stato interpellato nel 2001 dall’allora Primo Ministro israeliano Ariel Sharon per far parte della delegazione governativa di Israele alla Conferenza Mondiale Contro il Razzismo a Durban: “Il governo Sharon mi invitò a causa della mia esperienza di un quarto di secolo come giornalista in Sudafrica; la mia specializzazione era riferire in dettaglio sull’apartheid.” Ma dice di non poterlo più difendere. Cita la legge razzista dello ‘Stato-Nazione’ del 2018, che codifica i diritti esclusivi per chi ha nazionalità ebrea. Poi c’è l’occupazione:

Israele non può più addurre la sicurezza come motivo del nostro comportamento in Cisgiordania e dell’assedio di Gaza. Dopo 56 anni la nostra occupazione non può più essere definita temporanea in attesa di una soluzione del conflitto con i palestinesi. Stiamo andando verso l’annessione, con la richiesta di raddoppiare i 500.000 coloni israeliani già presenti in Cisgiordania.”

Purtroppo Pogrund ha già “annesso” Gerusalemme est, che fa parte della Cisgiordania, che aggiungerebbe circa 250.000 persone al numero di coloni citati. Ma la sua osservazione sulla temporaneità è valida – è una parte importante del perché non può essere definita occupazione, che si presume essere temporanea. E poi, sorprendentemente, si scaglia contro il movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni per quello che definisce “ignoranza e/o malevolenza”:

In Israele sono ora testimone dell’apartheid in cui sono cresciuto. Israele sta facendo un regalo ai suoi nemici del movimento Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni e ai loro alleati, soprattutto in Sudafrica, dove la negazione dell’esistenza di Israele è forte tra molti neri, nei sindacati e negli ambienti comunisti e musulmani. Gli attivisti del BDS continueranno a lanciare le loro accuse, frutto di ignoranza e/o malevolenza, diffondendo menzogne su Israele. Hanno trasformato ciò che è già negativo in grottesco, ma ora lo rivendicano. Israele gli sta dando ragione.”

Pogrund è stizzito. Questi attivisti BDS sono arrivati prima di lui nel chiedere di redarguire Israele, ma vuole avere il controllo su quando definire qualcosa apartheid e quando no, quando difenderlo e quando no. Gli attivisti BDS utilizzano una strategia consolidata per isolare lo Stato dell’apartheid. Pogrund non vuole che ciò accada, ma sa che è destinato ad accadere, perché Israele alla fine li legittimerà.

Che prospettiva confusa.

Sia Pogrund che Levin sono arrabbiati, ma è chiaro che la loro rabbia non è dovuta al crimine contro l’umanità che si compie contro i palestinesi, ma a ciò che accade a loro. Levin, un veterano dell’apparato di sicurezza di Israele e responsabile proprio del sistema che ora critica, si scaglia contro l’attuale governo. Non addita le proprie responsabilità e fa di tutto per dire che non sta esprimendo preoccupazione per i palestinesi.

Non sto dicendo questo perché mi importa dei palestinesi. Mi importa di noi. Ci stiamo uccidendo dall’interno. Stiamo disfacendo l’esercito, stiamo disfacendo la società israeliana”, dice. Ed è tutta colpa di “Bibi” (il soprannome di Netanyahu). “Bibi ha fallito”.

Ciò è estenuante: il tipico narcisismo israeliano. Non ci importa dei palestinesi. Guardate che cosa provoca a noi questa occupazione. 

E’ interessante come si stia diffondendo il riconoscimento dell’apartheid, ma dobbiamo stare attenti ai sionisti che cercano di prendere il controllo della narrazione e limitare il dibattito. L’apartheid israeliano non è qualcosa che accade “da qualche parte”. E’ l’apartheid dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo); è dovunque. E queste risposte sono anche un buon promemoria del perché la supremazia ebraica non porrà fine a sé stessa dall’interno, l’unica risposta è dall’esterno.

Jonathan Ofir

Musicista israeliano, conduttore e blogger che vive in Danimarca.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)